Ha riscosso un grande successo l’evento “Cosa le
tracce raccontano…”, tenutosi lunedì scorso presso la gremitissima sala del
Cinema Teatro Arci di Frosinone, organizzato dall’Associazione Comitato Civico
“Laboratorio Scalo” in collaborazione con l’Associazione “L’Impegno”.
L’incontro, ricco di contenuti e al tempo stesso di grande impatto, fa parte di
un percorso di iniziative ed attività poste in essere già da alcuni mesi, con
lo scopo di sensibilizzare le autorità competenti e la popolazione riguardo lo
stato e la salvaguardia del corso d’acqua e la creazione di un’area verde di
cui si parla da tanti anni. Queste alcune delle tematiche affrontate nel corso
della serata, con una serie di interventi e relazioni moderate dal giornalista
Roberto Monforte. Dopo l’apertura ed i saluti di Anselmo Pizzutelli (Presidente
del Comitato Civico Laboratorio Scalo) ed Aldo Mattia (Presidente de L’Impegno)
il primo intervento è stato quello del Prof. Italo Biddittu, paleontologo di fama internazionale, Direttore del Museo Preistorico a Pofi, che ha parlato
della storia del Fiume Cosa e del territorio attraversato. Con una
molteplicità di reperti, rinvenuti in prossimità del corso del fiume, ha
documentato l’importanza che quest’ultimo ha svolto nel corso di millenni nel
favorire il succedersi di insediamenti umani.
A seguire il Maestro Alberto Spaziani, che ha
presentato il film documento realizzato nel 1995 (e proiettato nel corso della
serata), “Alla ricerca del Fiume perduto”, quando progettò e realizzò una
escursione in solitaria di dieci giorni lungo il corso del Cosa, partendo dalla
confluenza con il F. Sacco sino ad arrivare alla sorgente, al fine di
documentare lo stato del fiume e le condizioni del paesaggio. Proiezione che ha
interessato ed appassionato i presenti, i quali hanno tributato un lungo
applauso all’autore dell’emozionante documento. Il successivo intervento ha
visto il Dott. Riccardo Copiz parlare di biodiversità e stato del fiume, con
riferimento agli interventi ed alle opere poste in essere nel corso di questi
anni lungo il Cosa ed alle normative internazionali che dovrebbero essere
seguite per realizzare, con maggiore efficacia, iniziative concrete che possano
preservarne la biodiversità stessa. Insieme a Copiz il Prof. Carlo Maniccia,
che ha presentato un altro video particolarmente apprezzato, un’emozionante
sequenza di foto che raccontano l’escursione dello stesso Maniccia nel 2009,
dalla sorgente sino a Frosinone, per illustrare lo stato del fiume, le bellezze
e le problematiche, così come aveva fatto il Maestro Spaziani circa quindici
anni prima. A chiudere la serie di interventi il Dott. Carlo Iacovissi
dell’Associazione “L’Impegno”, che ha parlato di Agricoltura Sociale e dei
benefici che questa attività porta alla comunità, evidenziando la reale
possibilità di realizzare un progetto sociale e didattico nell’ambito dell’area
verde del Fiume Cosa.
Gli interventi si sono succeduti,
piacevolmente intervallati da poesie dialettali di Antonio e Carlo Perruzza,
recitate da quest’ultimo, accompagnato da un sottofondo di musiche ciociare con
la chitarra classica di Flavia Palazzi, sul tema specifico “ Fiume Cosa”.
Si riporta infine, con il benestare
dell’autore Carlo Perruzza, la poesia composta appositamente per l’occasione, e
recitata in chiusura della serata, “Scasulatamene
Cosa”, la quale riassume in un certo qual modo lo scopo dell’incontro.
Questa poesia richiama la figura di
Mamma Cosa per consolarla, immaginando un felice accordo tra la Luna e il
Campanile, accordo che prevede la realizzazione del “Parco del Fiume Cosa”. Poi
il componimento si proietta nel 2020, che vede la realizzazione del “Progetto”
con la soddisfazione di tutti, tra fiori
e piante, animali e persone (quelle sensibili…).
Auspicio con il quale si è chiusa la serata, tra
i sinceri applausi dei presenti.
Scasulataménte Còsa
( Preludio al Parco del Fiume Cosa… )
Càra “Mamma Còsa”, nén chiàgne, tu spera
cà finalmente ‘ne biéglie accòrde è fàtte:
è scrìtte ‘che glie Campanìle ‘ste pàtte:
“Se la saccòccia aruprarà le fenèstre,
la grazia de San ‘Rumìsda ì San Suluèrie
faciàrà glie -Parche- tìe, lèste, lèste.
Ma tèta caccià cà Lìra glie chiù sèrie!?”
Assì ‘ncumenzàme a ruzzecà d’ammónte
‘nmaggenènne po’ chélle che succedarà:
èccue glie Schióppe ch’adduénta Acherónte,
ì ‘mbarchétta, chiàne, la gènte purtarà.
A la Funtàna Bussi
refàtta nòua
‘nce stànne chiù le màchene de ‘na uòta,
se uà a piéde ì glie Airone è remìsse
l’òua:
mó
finalménte tùtt’è biéglie ì se nòta!
De sótte
a glie pónte Bionde è ‘ne giardìne,
la gènte ce passéggia ippùre uà a giucà
ì sótte
a glie ‘Spedàle ‘ne “carrettìne”
pòrta ‘ne bardàsce cà sùle ‘nce la fà.
‘Ncuntràme alla Mòla Uècchia le “girèlle”
da Pàrche nóue ‘nche l’ària cà fùmeca;
l’acqua retròua chi uà alle Funtanèlle,
accóme
a chélla de Funtàna ‘Uneca.
‘Eccu
che tutte saluta ‘na Spinósa
nziéme a ‘ne Ràghene fànne
gl’occhiulìne
a glie Cìgne, méntre ‘ne Germàne
òsa:
“mó
è tutte ‘ne paradise argentìne!”
…Chéste l’ènne fàtte a glie Dumìlauénte
cà tùtta chélla gènte s’è mìsse ‘nmiése
ma nén è succése scasulataménte,
l’ènne aiutata glie Cumùne ì le Chiése!...
Carlo Perruzza ( 17 Marzo 2014 )