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Un momento dell'intervista |
Momento memorabile quello vissuto ieri sera a
Frosinone presso il Cinema Arci, dove il Comitato Civico Laboratorio Scalo ha
organizzato un incontro con Rosy Canale, l’imprenditrice calabrese che si è
ribellata alle regole della ‘ndrangheta.
Dopo il saluto del Presidente del Comitato Anselmo
Pizzutelli, alla presenza del Comandante della locale stazione dei Carabinieri
M.llo Marino, accompagnato dal suo vice M.llo Passaretti, e di seguito alla
proiezione di un breve filmato elaborato dal Comitato, Rosy Canale, introdotta
dal giornalista Roberto Monforte, ha raccontato la sua storia, con molta
semplicità ma con innegabile fermezza.
Titolare di un locale di ristorazione e
intrattenimento a Reggio di Calabria, si era resa conto che il suo esercizio
era diventato luogo di un organizzato smercio di droga. Fronteggiato l’uomo da
lei individuato quale gestore dello spaccio, persona peraltro conosciuta dalla
stessa, era seguito un anno di gesti intimidatori a suo danno, dalla gallina
sgozzata sull’uscio della porta all’auto trovata parcheggiata in luogo diverso
da quello dove era stata lasciata e altri di ogni genere. Atti intimidatori di
cui la stessa aveva nel tempo tenuto un dettagliato diario, soprattutto in
concomitanza del fatto di non essere creduta dalle Autorità che invece
avrebbero dovuto tutelare la sua sicurezza.
Dopo aver tenuto testa al figlio di un boss del
mandamento di Reggio, il più potente fra le aree di spartizione della ’ndrangheta,
era arrivata la ritorsione: l’agguato con un pestaggio che l’aveva ridotta
quasi in fin di vita.
Rosy ha dichiarato: "E' stato
il mio punto zero, da cui tutto si ricrea". Da lì la scelta che poi è diventata “la ragione di vita
con la quale e per la quale mi alzo la mattina”. Ha deciso di trasferirsi a
San Luca, “l’ombelico della ‘ndrangheta”,
ha deciso di “scendere all’inferno”. Ha incominciato lì la sua opera,
incontrando una ventina di donne. In quell’occasione è riuscita a riparlare per
la prima volta dell’aggressione subita, creando un momento di “dolore
condiviso” con donne alle quali avevano ucciso un figlio o un marito o un
fratello. Al secondo incontro le donne erano 364!
E’ così che nasce il movimento delle Donne di San
Luca. Come ha sottolineato la Canale “non è un movimento anti-mafia; la
mafia è fatta di persone e io voglio agire per sostenere le persone”.
A San Luca non ci sono opportunità, alternative. L’associazione di San Luca è
nata per essere una “alternativa”. E il gesto “controcorrente” di Teresa
Strangio, madre e sorella di due dei morti della strage di Duisburg, di
perdonare gli assassini e di non chiedere vendetta, come vuole il codice
malavitoso, è stato il segnale dell’inizio della “primavera di San Luca”.
E’ stata creata una ludoteca per offrire una
alternativa di valori e di cultura ai bambini del paese, realizzata in una
villa confiscata alle associazioni malavitose. Attività che però si è arenata a
causa della mancanza di fondi, “promessi
da autorità e personalità di spicco nazionale che di ciò si sono fatti vanto a
livello mediatico; fondi che però non sono mai realmente arrivati”.
Rosy tenta di finanziare i suoi scopi con
iniziative di natura artigianale, come la realizzazione di preziosi ricami
locali o la produzione di saponi completamente vegetali, che però si scontrano
con la difficoltà di inserimento in un circuito costante di mercato.
Peraltro Rosy è costretta a espatriare oltre oceano
a causa delle ormai esplicite minacce di morte a lei rivolte, soprattutto dopo
la pubblicazione del suo libro “La mia
‘ndrangheta”.
A New York allestisce una mostra fotografica con i
volti delle donne di San Luca, donne che vogliono ridare una dignità a un paese
ormai connotato solo come “paese di ‘ndrangheta” ma dove invece vi sono anche
famiglie che - se avessero altre prospettive e opportunità – vorrebbero vivere
una vita diversa.
Questa donna, minuta e pacata, ha tenuto inchiodata
alle poltrone una numerosa platea per quasi due ore, rispondendo anche a
diverse domande. Da Valerio Comerci, responsabile del GAS Gruppo Acquisto
Solidale di Frosinone, è arrivata la proposta di inserire nel circuito di
acquisti del Gruppo anche i prodotti del Movimento Donne di San Luca.
Una serata davvero interessante, che ha permesso ai
presenti di conoscere una persona che, malgrado la sua scelta coraggiosa, si
reputa “una cittadina normale che ha fatto una scelta normale”. Perché
Rosy Canale reputa che la ‘normalità’ dovrebbe essere quella contraddistinta
dalla legalità e dalla libertà di essere padroni della propria vita.
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Rosy Canale con alcuni componenti del comitato |
Il suo è stato un umile racconto di vita, vita in
cui i momenti di dolore e amarezza sono stati sempre addolciti da una grande
fede cristiana. Una fede che l’ha portata a vedere il mondo della malavita non
come un compartimento stagno, standardizzato, ma come un mondo di persone,
alcune delle quali ‘costrette’ ad adeguarsi a certi metodi dal contesto
socio-familiare o da regole ancestrali. Ecco perché ha concluso l’incontro con
l’invito ad agire tutti per far riconquistare alle coscienze la “dimensione
del giusto”, soprattutto in un Paese dove sono spesso le Istituzioni ad
essere ‘latitanti’. E la dimensione del giusto si può conquistare solo con la
cultura, vera chiave di volta …. e di svolta.
E il Comitato Laboratorio Scalo non può che concordare.
Solo la conoscenza dà consapevolezza.